ITAMIL ESERCITO: LA SPECIFICITÀ GIÀ ESISTE, ORA VA FINANZIATA (SENZA RINUNCIARE AD ALTRI DIRITTI)

La specificità del comparto Difesa e Sicurezza è già riconosciuta dalla normativa vigente: Legge n. 183 del 4 novembre 2010, art. 19, comma 1, che stabilisce il principio secondo cui il trattamento del personale militare deve tener conto delle peculiari condizioni operative, funzionali e organizzative.
Ma la verità è che la specificità è sempre esistita.
Ogni militare la vive fin dal momento del giuramento, accettando di mettere a rischio la propria vita per la Patria e rinunciando ad alcuni diritti garantiti ad altri lavoratori, come il diritto di sciopero e la possibilità di ricoprire incarichi nei partiti politici. Il personale militare è inoltre vincolato all'ordinamento militare, fondato su disciplina e gerarchia, ed è soggetto a doppia giurisdizione – civile e militare – nonché a provvedimenti di stato. Tutti elementi che, di fatto, rendono il ruolo del militare già intrinsecamente specifico.
Tuttavia, oggi più che mai, la specificità deve essere riconosciuta e trattata esclusivamente come un diritto da valorizzare sotto il profilo economico, sociale e previdenziale, attraverso:
la rivalutazione degli stipendi;
il riconoscimento del lavoro usurante;
l'aumento dei coefficienti pensionistici;
l'ampliamento dell'ausiliaria ed estesa al ruolo Sergenti e Graduati;
garantire il transito dei Volontari nei ruoli effettivi;
benefit concreti: alloggi di servizio garantiti a tutto il personale, trasporti, carburanti, beni primari, asili nido, buoni scuola e salute, agevolazioni per la formazione e l'istruzione;
straordinari (abolizione di ogni forma di compenso forfettario).
incremento delle indennità operative.
Se questa è la direzione che si vuole intraprendere, Itamil Esercito la sostiene pienamente.
Siamo inoltre preoccupati per la convinzione, da parte di alcuni esponenti politici o loro consiglieri, che "essere militari" significhi semplicemente "eseguire ordini" in ogni ambito.
Eseguire ordini è certamente parte integrante del servizio militare, ma questo principio non può essere esteso alle attività sindacali, né può giustificare procedimenti e provvedimenti che limitano l'azione legittima dei sindacati militari.
Ognuno di noi è soggetto a regole, e lo stesso deve valere nei confronti del personale sindacalista, che durante un confronto ha il diritto di esercitare la critica e la libera manifestazione del pensiero, nel pieno rispetto della Costituzione.
In Italia non esiste più la "lesa maestà" e nemmeno si giudicano le persone come avveniva all'epoca del Medioevo, dove anche una semplice espressione che infastidiva le Alte Signorie poteva diventare motivo di reato con giudizio severo e arresto immediato.
In caso contrario, si rischia di trasformare i sindacati in organizzazioni corporative, di ventennale memoria annullando le conquiste democratiche ottenute e tradendo i principi della nostra Carta costituzionale.
Diversamente, se la "specificità" diventa un pretesto per limitare i diritti, ostacolare i sindacati militari – riconosciuti dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 120/2018 e regolati dalla Legge 46/2022 – allora questa specificità non ci appartiene.
Invitiamo tutti i colleghi alla massima attenzione. Abbiamo già dato. Ora chiediamo ciò che ci spetta.
E lo facciamo ricordando con forza l'ultimo comma dell'articolo 52 della Costituzione Italiana, che afferma:
"L'ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica."
Ora tocca alla politica onorare questo principio. Con i fatti. E con le risorse.
E speriamo che le parole del Premier Meloni "il confronto si fonda con il dialogo" valgano anche per le organizzazioni Sindacali dei Militari.